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Come ho scoperto me stessa


di Zaimina
09.05.2018    |    22.687    |    31 9.1
"Nere, con la cinghietta da allacciare attorno alla caviglia per non far sfilare il piede dalla scarpa mentre si cammina..."
Mi chiamo Zaimina. Io non sono però una donna genetica ma una travestita. Intendo dire che sono un uomo che si sente donna e ama depilarsi, travestirsi e truccarsi. Il mio trasformismo si è sviluppato gradualmente, dai 18 anni in avanti. A 14 anni, quando andavo alle scuole medie, c'era una professoressa davvero arrapante, Silvia, con dei bei capelli biondi lunghi e riccioluti. Gambe ben tornite inguainate in collant in nylon tonalità nature. Scarpe tacco 8 che lasciavano scoperti il tallone e il collo del piede, o anche solo una delle due parti. Piedini stupendi, di una bellissima fisionomia. Forse un 37. Adoravo anche i suoi tailleur con gonna appena sopra il ginocchio, di solito di colori chiari. Aveva un viso leggermente squadrato ma bello, portava gli occhiali che aumentavano la sua sensualità. Ho cominciato a vestirmi da donna guardando film porno: vedendo quelle belle donnine che scopavano con addosso lingerie sexy, autoreggenti e tacchi alti. Volevo provare, per curiosità, a indossare anch'io quegli indumenti per capire che cosa si provava. Ho iniziato indossando collant nature, come quelli della professoressa che avevo così ammirato per la sua bellezza e la sua sensualità. Le prime volte ero tutta nuda, con addosso solo le calze e mi guardavo allo specchio mettendomi in diverse pose. Mi piacevano le mie gambe dentro il nylon, sembravano quelle di una femmina. Una volta ho voluto provare una cosa che avevo visto in una rivista porno: c'era una foto di una moglie esibizionista fotografata dal marito a pecora sul letto, con una candela accesa infilata dietro e i glutei con colata sopra la cera. Mi sono messa sul letto, ho abbassato i collant e ho acceso una candela e mi sono fatta colare sui glutei qualche goccia di cera, poca perché era bollente. Poi me la sono infilata dalla parte spenta e sono rimasta così per qualche minuto, a pecora con la candela accesa infilata dentro, come l'esibizionista della foto. Inutile dire che ho sentito dolore quando è entrata, però mi sono eccitata e mi si è alzato: dicevo che sono rimasta così per pochi minuti, perché poi non ho più resistito e mi sono stimolata fino a venire.
La prima volta che ho comprato degli indumenti da donna è stato in un negozio di intimo e calze, avevo acquistato un paio di autoreggenti a rete. Proprio quel modello perchè allora mi sembrava il più vistoso, anche se le avrei indossate solo in privato. La negoziante era sulla sessantina, una persona ben curata coi capelli scuri.

-Mi dica- mi aveva detto, dopo che ero entrata nel negozio.

Erano passate le 18, era inverno ed era già buio. Ero agitata, in imbarazzo per la richiesta che stavo per farle. Mi sentivo mancare il fiato, ma allo stesso tempo sentivo eccitazione per quello che stavo facendo. Forse in queste situazioni mi piace vedere la reazione della donna che mi deve vendere la merce, per questo forse compro solo dalle donne e non dagli uomini. Dopo aver preso coraggio, ho fatto la mia richiesta.

-Vorrei delle calze da donna, sono per mia madre-. Avevo detto con una scusa.

La negoziante mi aveva guardato forse con un leggero presentimento, forse con la sensazione che fossero per me. Se fosse così non mi stupirei, la scusa che avevo usato comincia ad essere vecchia e meno efficace di una volta. Il tono rimase cortese però.

-Di che modello? Collant? Autoreggenti?-.

Le autoreggenti a rete le avevo viste in vetrina, ce n'era una esposta srotolata su una di quelle gambe da donna da manichino che si usano in negozi di questo tipo per esporre la merce.

-Un paio delle autoreggenti esposte in vetrina- avevo risposto.
-Di che taglia?-.

Non sapevo esattamente che taglia scegliere, perchè i collant indossati fino a quel momento li avevo trovati in casa senza la confezione con scritta la taglia.

-Seconda- Avevo detto, alla cieca.

Una volta portate le calze a casa le avevo provate e mi arrivavano solo fino sopra le ginocchia, ma mi erano piaciute lo stesso. La volta dopo le avevo comprate di una taglia quarta, e mi stavano alla perfezione. Passavo delle ore chiusa in camera, con indosso le mie calze autoreggenti ed un vestito nero a manica lunga che mi arrivava appena sopra il ginocchio. Stavo sdraiata sul letto a sfogliare riviste pornografiche, senza niente sotto. Scalza perchè ancora di scarpe non ne avevo da indossare. Poi ho iniziato a farlo togliendomi tutti i peli, per avere un corpo liscio come quello delle femmine che mi piaceva vedere in giro o nei film o nelle riviste. Mi sentivo anch'io come loro, nonostante la mia fisionomia maschile non mi abbia mai creato problemi e non abbia mai sentito la necessità di fare l'operazione.
Col passare del tempo, andando al negozio di intimo e calze, ho cominciato a sentire la necessità di far capire alla negoziante che le cose che compravo erano per me, ad esempio guardandomi le gambe quando dovevo scegliere la taglia di un paio di calze, oppure come la volta del reggiseno, quando ho dato alla negoziante la mia taglia dei vestiti da uomo sperando che capisse. Proprio quella sera ho sentito di dover essere esplicita, dovevo rivelarmi e mi intrigava l'idea di come avrebbe reagito.

-Per capire che taglia mi andrebbe bene lo dovrei provare- le avevo detto, tutto d'un fiato.

Era rimasta immobile, portava gli occhiale e gli occhi dietro le lenti si erano spalancati per lo stupore. Sicuramente non le era mai capitata una cosa del genere, ma c'è sempre una prima volta. Anche noi traveste, come le donne abbiamo il diritto di comprare quello che vogliamo dove vogliamo e di dire che è per noi. Magari sarebbe anche bello se tutte noi potessimo dovunque uscire enfemme in qualsiasi città senza nessuno stronzo omofobo che sfotte o ci sputa in faccia o ci mette le mani addosso. Anche usare i camerini dei negozi per provare gli indumenti. Invece no, nella società c'è una sorta di apartheid che ci colpisce e ci confina nelle ore notturne in alcuni locali.
Tornando alla negoziante, dopo lo stupore iniziale mi aveva dato un reggiseno di una taglia che presumeva potesse andarmi bene e mi aveva indicato il camerino. Sono entrata e ho chiuso la tendina, mi sono tolta giacca, felpa, camicia e canottiera e ho iniziato a provare il reggiseno.

-Può andare come misura?- mi aveva chiesto.
-No è stretto- le avevo risposto.

Alla fine, quella sera non avevo comprato niente. però anche dopo di allora la negoziante si era mostrata sempre cortese allo stesso modo. A volte addirittura mi dava consigli su come abbinare le calze ad altri indumenti, come la volta che ho portato li un vestito e le ho chiesto di vendermi un paio di calze che si intonassero. Mi aveva indicato il modello e il colore migliore come avrebbe fatto con una donna, nè più nè meno. Con il tempo ho fatto sempre meno fatica a comprare indumenti da donna, anche vestiti e scarpe. Solo se c'è altra gente nel negozio preferisco chiedere a bassa voce, però penso che sia già una gran cosa il fatto di riuscire a chiedere. Come quando ho comprato il primo paio di scarpe col tacco. Sono entrata in un negozio dove lavorava una ragazza penso sui 24 anni, non di più. Era estate, volevo comprarmi un paio di scarpe in decoltè tacco 8 con il tallone coperto e che lasciassero scoperte le dita dei piedi. Sono entrata nel negozio e ho iniziato a guardare i modelli esposti. Poco dopo la ragazza mi si è avvicinata.

-Posso aiutarti?-
-Cercavo un paio di scarpe da donna- le avevo detto a bassa voce.
-Che numero?- mi aveva chiesto, anche lei a bassa voce.
-Io da uomo porto il 42- le avevo risposto.
-Ah sono per te!-aveva esclamato, sorpresa ma gentile.

Mi aveva portato davanti ad uno scaffale dove c'erano esposte le scarpe che poi avrei comprato e me ne aveva fatte vedere un paio pressappoco come io le cercavo. Nere, con la cinghietta da allacciare attorno alla caviglia per non far sfilare il piede dalla scarpa mentre si cammina. Tallone coperto e dita dei piedi visibili. Tacco 8 con un rinforzo di metallo intorno alla parte del tacco poco sopra il gommino.
Il negozio era a due piani.

-Il numero più grande che ho è il 41- mi aveva detto.
-Posso provarle di sopra?-.
-Certo vai pure-.

Sono salito al piano superiore con una scatola con dentro le scarpe di quel modello, numero 41 nere. Non c'era nessuno, le ho provate e mi stavano alla perfezione. Mi sono rimessa le mie e sono scesa con la scatola per pagare, poi sono andata via. Ci sono ritornata tante altre volte in quel negozio e ho comprato altri modelli, a volte decoltè a volte stivali, tacco 8 o 12 possibilmente nere. E più erano fetish più mi piacevano.
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